martedì 17 luglio 2007

Alzheimer: una cura nel curry

Dal curry, tipico alimento indiano, una cura contro il morbo di Alzheimer. L'equipe di John Cashman, direttore dell'Istituto di Ricerca BioMolecolare Umana (HBRI) a San Diego, ha scoperto che il composto attivo delle spezie presente nel curry, attiva il sistema immunitario contro le placche che devastano il cervello dei malati. La molecola, bisdemetossicurcumina', è il principio attivo dei curcuminoidi, sostanze naturali presenti nella radice della curcuma da cui si estraggono gli ingredienti per preparare il curry.

Il morbo di Alzheimer è una demenza progressiva invalidante senile. Prende il nome dal suo scopritore, Alois Alzheimer.

La malattia o morbo di Alzheimer è oggi definito come quel «processo degenerativo che distrugge progressivamente le cellule cerebrali, rendendo a poco a poco l'individuo che ne è affetto incapace di una vita normale». In Italia ne soffrono circa 500 mila persone, nel mondo 18 milioni, con una netta prevalenza di donne.

Definita anche "demenza di Alzheimer", viene appunto catalogata tra le demenze essendo un deterioramento cognitivo cronico progressivo.

Le persone affette iniziano dimenticandosi piccole cose, poi mano a mano le dimenticanze aumentano e la perdita della memoria arriva anche a cancellare i parenti e le persone care. Una persona colpita dal morbo può vivere anche una decina di anni dopo la comparsa della malattia.

Col progredire della malattia le persone non solo dimenticano, ma perdono la capacità di parlare e di muoversi autonomamente necessitando anche di continua assistenza personale.

La malattia è dovuta a una diffusa distruzione di neuroni, causata principalmente dalla betamiloide, una proteina che depositandosi tra i neuroni agisce come una sorta di collante, inglobando placche e grovigli "neurofibrillari". La malattia è accompagnata da una forte diminuzione di acetilcolina nel cervello, sostanza fondamentale per la memoria ma anche per le altre facoltà intellettive. La conseguenza di queste modificazioni cerebrali è l'impossibilità per il neurone di trasmettere gli impulsi nervosi e quindi la morte.

Nel 1901, il dottor Alois Alzheimer, uno psichiatra tedesco, intervistò una sua paziente, la signora Auguste D., di 51 anni. Le mostrò parecchi oggetti e successivamente le chiese che cosa le era stato indicato. Lei non poteva però ricordarsi. Inizialmente registrò il suo comportamento come "disordine da amnesia di scrittura", ma la sig.ra Auguste D. fu la prima paziente a cui venne diagnosticata la malattia di Alzheimer.

Dall' analisi post-mortem di tessuti cerebrali di pazienti affetti da Alzheimer, si è potuto riscontrare un accumulo extracellulare di una proteina, chiamata beta-amiloide. Nei soggetti sani la beta-amiloide viene prodotta dalla APP (proteina progenitrice dell' amiloide) in una reazione biologica catalizzata dall'alfa-secretasi che produce una beta-amiloide costituita da 40 ammioacidi. Per motivi non totalmente chiariti, nei soggetti malati l'enzima che interviene sull' APP non è l'alfa-secretasi, bensì una sua variante, la beta-secretasi che porta alla produzione di una beta-amiloide anomala, costituita da 42 amminoacidi invece che 40. Tale beta amiloide non presenta le caratteristiche biologiche della forma naturale, e tende a depositarsi in aggregati extracellulari sulla membrana dei neuroni.

Tali placche neuronali innescano un processo infiammatorio che richiama macrofagi e neutrofili i quali produrranno citochine, interleuchine e TNF alfa che danneggiano irreversibilmente i neuroni. Ulteriori studi mettono in evidenza che nei malati di Alzheimer interviene un ulteriore meccanismo patologico: all'interno dei neuroni, una proteina tau, fosforilata in maniera anomala, si accumula in aggregati neurofibrillari. I neuroni particolarmente colpiti dal processo patologico sono quelli colinergici e in particolare le zone cerebrali più interessate sono le aree corticali,sottocorticali e tra queste ultime le aree ippocampali.In particolare l' ippocampo interviene nell' apprendimento e nei processi di memorizzazione. La distruzione dei neuroni di queste zone è la causa della perdita di memoria dei malati.

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